Identificare i BES
Identificare i Bisogni Educativi Speciali
Dal sito di Orizzonte Scuola
L’area dei BES (Bisogni Educativi Speciali) accoglie in sé studenti in difficoltà scolastica appartenenti a diverse tipologie: disabilità (mentale, fisica o sensoriale), disturbi evolutivi specifici (DSA, ADHD, FIL, altri EES) e svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.
Quest’ultima categoria comprende tutti quei soggetti che si trovano in uno stato, permanente o temporaneo, di disagio psicologico, relazionale e/o comunicativo tale da ostacolare il loro funzionamento scolastico, a causa di diversi fattori: sono alunni che provengono da ambienti devianti o culturalmente ed economicamente deprivati, bambini appartenenti a famiglie problematiche (es. genitori poco presenti/separati o divorziati/depressi/), figli di stranieri immigrati o adottati che non conoscono la lingua italiana e perciò esperiscono un vissuto di esclusione relazionale e sociale.
A questi studenti, che richiedono interventi specifici e personalizzati, vanno estese le tutele previste dalla Legge 170/2010 per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento e per essi si devono pensare percorsi “ad hoc” che riducano l’insuccesso scolastico.
Tuttavia, mentre le categorie di BES riferite a disabilità e disturbi evolutivi sono chiaramente individuate da una diagnosi specialistica, per le condizioni di svantaggio socioculturale e linguistico la normativa vigente (C.M. 8/2013) attribuisce di fatto ai Consigli di classe, o al team docente per la scuola primaria, il compito di identificare gli alunni e gli studenti che rientrano in questa categoria dello svantaggio scolastico.
Potrebbe essere di ausilio, a chi è chiamato a deliberare in tal senso, l’osservazione sistematica delle modalità di funzionamento dell’allievo secondo i criteri suggeriti dal modello ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prende in considerazione le condizioni fisiche, le attività personali, la partecipazione sociale, i fattori contestuali personali (condizioni psico-affettive) e le condizioni ambientali (contesto familiare, sociale e scolastico problematico).
Gli insegnanti, sulla base delle osservazioni effettuate e di riscontri oggettivi (relazioni di esperti, valutazioni pedagogiche e didattiche, segnalazioni dei servizi sociali, ecc.) procedono all’elaborazione di un intervento personalizzato (PDP), tenendo presente che gli interventi attivati dureranno solo il tempo necessario a recuperare le abilità e le conoscenze deficitarie. Ciò comporta il monitoraggio e la valutazione delle azioni educative; a tal fine assume rilevanza il ruolo svolto dai GLI (Gruppi di Lavoro per l’Inclusione), operanti presso gli istituti scolastici, ai quale spetta anche il compito di elaborare una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività (c.m. 8/2013).
In merito al PDP, occorre rammentare che “il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (nota MIUR del 22/11/2013). In alternativa al PDP, i docenti potranno in ogni caso individuare e attivare strategie didattiche non formalizzate.
L’area dei BES (Bisogni Educativi Speciali) accoglie in sé studenti in difficoltà scolastica appartenenti a diverse tipologie: disabilità (mentale, fisica o sensoriale), disturbi evolutivi specifici (DSA, ADHD, FIL, altri EES) e svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.
Quest’ultima categoria comprende tutti quei soggetti che si trovano in uno stato, permanente o temporaneo, di disagio psicologico, relazionale e/o comunicativo tale da ostacolare il loro funzionamento scolastico, a causa di diversi fattori: sono alunni che provengono da ambienti devianti o culturalmente ed economicamente deprivati, bambini appartenenti a famiglie problematiche (es. genitori poco presenti/separati o divorziati/depressi/), figli di stranieri immigrati o adottati che non conoscono la lingua italiana e perciò esperiscono un vissuto di esclusione relazionale e sociale.
A questi studenti, che richiedono interventi specifici e personalizzati, vanno estese le tutele previste dalla Legge 170/2010 per gli alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento e per essi si devono pensare percorsi “ad hoc” che riducano l’insuccesso scolastico.
Tuttavia, mentre le categorie di BES riferite a disabilità e disturbi evolutivi sono chiaramente individuate da una diagnosi specialistica, per le condizioni di svantaggio socioculturale e linguistico la normativa vigente (C.M. 8/2013) attribuisce di fatto ai Consigli di classe, o al team docente per la scuola primaria, il compito di identificare gli alunni e gli studenti che rientrano in questa categoria dello svantaggio scolastico.
Potrebbe essere di ausilio, a chi è chiamato a deliberare in tal senso, l’osservazione sistematica delle modalità di funzionamento dell’allievo secondo i criteri suggeriti dal modello ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prende in considerazione le condizioni fisiche, le attività personali, la partecipazione sociale, i fattori contestuali personali (condizioni psico-affettive) e le condizioni ambientali (contesto familiare, sociale e scolastico problematico).
Gli insegnanti, sulla base delle osservazioni effettuate e di riscontri oggettivi (relazioni di esperti, valutazioni pedagogiche e didattiche, segnalazioni dei servizi sociali, ecc.) procedono all’elaborazione di un intervento personalizzato (PDP), tenendo presente che gli interventi attivati dureranno solo il tempo necessario a recuperare le abilità e le conoscenze deficitarie. Ciò comporta il monitoraggio e la valutazione delle azioni educative; a tal fine assume rilevanza il ruolo svolto dai GLI (Gruppi di Lavoro per l’Inclusione), operanti presso gli istituti scolastici, ai quale spetta anche il compito di elaborare una proposta di Piano Annuale per l’Inclusività (c.m. 8/2013).
In merito al PDP, occorre rammentare che “il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (nota MIUR del 22/11/2013). In alternativa al PDP, i docenti potranno in ogni caso individuare e attivare strategie didattiche non formalizzate.